Tag

, , , , ,

Pasqua non mi è mai piaciuta. A parte che, a differenza di Natale, è una festa triste. Preceduta da un periodaccio che quando sei piccolo e vai a catechismo senti che devi sentirti triste o quantomeno circospetto e preoccupato ma in realtà non lo sei, perché poi sono ben quaranta giorni, mica uno, e in quei quaranta giorni succede di tutto, da piccolo, certi giorni sei triste, certi però sei allegro, magari quella settimana tua madre ha comprato i tegolini invece che le solite tristissme camille alla carota che quando le apri esplodono in una detonazione di briciole e da mangiare rimane ben poco. Magari quella storia sul numero nuovo di Topolino ti ha fatto ridere un sacco ma poi vai a catechismo o la domenica a messa e ti ricordi che è Quaresima e in realtà dovresti essere triste. Non si sa poi bene perché, pensi, il finale lo sanno tutti, è un finale positivo, va bene essere triste il venerdì santo, toh, capiresti finanche il giovedì, con quella cosa dell’ultima cena e il gallo che canta e Giuda poverino che mi ha sempre fatto una gran pena lui e l’albero al quale si è impiccato, mica come Pietro, gran paraculo.

Come se non bastasse tutto ciò, Pasqua cade sempre nel giorno del mio compleanno.

Ora, secondo il calendario, nella mia vita quest’occorrenza si è verificata solo tre volte, incluso quest’anno. Ma io non ci credo. D’altronde non lo dico io, ma quel filosofo francese che viene dopo Nietszche ma prima di Sartre, il tempo è soggettivo. Io sono convinta che Pasqua venga puntualmente il 31 marzo. E se non tutti gli anni, almeno un anno si e uno no.

Uno di questi anni si è stato il 1991.

1991. Annus horribilis. Da pochi mesi era nato mio fratello. Che quando hai otto anni-quasi nove è un bello shock. A quell’età hai avuto tempo di stabilire una tua weltenschaung, di cui naturalmente tu sei il centro incontrastato. Certo, ci sono quei due alti, quello più alto coi baffi e quella un pò meno alta ma non per questo da prendere sottogamba, che a questo punto hai avuto tempo di inquadrarla bene, poliziotto buono e poliziotto cattivo. Ma comunque ti è chiaro senza ombra di dubbio che anche loro ruotano attorno a te e ai tuoi bisogni. L’ordine dell’universo così come deve essere. Li hai anche convinti a prendere un gattino, che certo non sarà un cane ma è comunque meglio di quel pesce rosso che per un periodo viveva sulla stufa.*

Invece lui era nato lo stesso e avevamo dovuto dare via il gattino. Adesso: io a otto anni-quasi nove mi sentivo matura, non ci metteremo mica a fare quelle ridicole storie di gelosia tra fratelli, sono superiore a queste cose io, nonostante il gatto. Ma lui mica rendeva le cose facili. Intanto perché aveva deciso di nascere in un momento inopportuno, il 30 dicembre, che noi eravamo già tutti pronti per il cenone di capodanno e invece ora bisognava riorganizzarsi e chi cucina cosa e chi laverà cosa e infatti quell’anno ci eravamo seduti a tavola e mancavano i piatti. E anche mia madre che era dovuta restare in ospedale.

Poi si vede che gli ormoni del post-gravidanza le avevano messo una smania di efficienza e praticità che mai più nella sua vita. Dopo tre mesi, il 31 marzo, sarebbe stata Pasqua, nonché il mio compleanno. Come se non bastasse, quell’anno avrei dovuto fare la Prima Comunione.

Nel 1991, in anni non sospetti, ventidue anni prima di Papa Francesco, io mi sono beccata l’unico parroco cattocomunista del circondario, che scoraggiava lo sfarzo e l’ostentazione, soprattutto nei bambini, soprattutto per la Prima Comunione. E così, niente Comunione di maggio, come tutti gli altri bambini, con la primavera inoltrata e il vestito bianco e le scarpe di vernice. Invece la comunione secondo il mio parroco si faceva quando Cristo comanda, è il caso di dirlo, secondo Scrittura, proprio il giovedì santo. Se va bene per gli apostoli, va bene anche per noi. E niente vestito bianco da sposa di gesù che incoraggia la vanità ed il superfluo! Per carità! Penitentiagite!

In realtà non era poi un parroco così hard-core da imporre il saio, come diventò di moda qualche anno dopo; era un pò veltroniano se volete: umiltà e semplicità ma anche qualche piccola concessione al vezzo femminile. O forse era stata la lobby delle mamme del quartiere, che signoramia! guardi che mia figlia non ha niente da invidiare a quelle che vanno all’altra parrocchia, quella bene, sa? e chi si crede di essere questo parroco per imporre come vogliamo vestire le nostre figlie, nostre, mica del signore, la figlia e mia e me l’addobbo io! Fatto sta che il dress code della parrocchia si era attestato su dei vestitini semplici di cotone, un pò tristi a dire il vero, con quel colore bianco sporco e quel tessuto grezzo, ma per lo meno hanno un punto vita, signoramia!

E quindi mi apprestavo a fare la Prima Comunione durante la messa del giovedì santo, unica tra tutti i bambini della mia classe. Ma mia madre, a cui questa linea alternativo-pauperista del parroco piaceva moltissimo, nel suo delirio da efficienza post-partum, quell’anno aveva pensato a tutto: niente festa per la Prima Comunione di Federica, che d’altronde è giovedì santo e non sta bene.

Ottimizzando i costi ed i tempi, i festeggiamenti venivano rimandati al giorno di Pasqua, 31 marzo, nonché giorno del mio compleanno. Giorno che sarebbe stato inaugurato, alla messa di mezzanotte del Sabato Santo, messa a cui mai la mia famiglia aveva partecipato e mai, a mia memoria, partecipò da allora in poi, nientepopodimenoche dal battesimo di mio fratello, il figliuol prodigo.

Mia madre, precursore del modello 3 x 2. Mia madre, precursore quel giorno del look da Irene Pivetti prima di Irene Pivetti.

Quella notte, la notte di Pasqua, il mio sistema immunitario si scatenò nella più violenta reazione allergica che io ricordi. La mia istamina si ribellava a tutto: al parroco controcorrente, al vestito triste della comunione, al calendario gregoriano e il cattolicesimo tutto, e alla mia ormai tristemente chiara ed inequivocabile perdita di centralità nell’universo mondo.

Quel giorno, il giorno di Pasqua del 1991, per la prima volta un altro bambino, un bambino un pò più grande e, superata la mia prima diffidenza per qualunque estraneo tenti di stabilire un contatto con me, tutto sommato innocuo e pure simpatico, si fermava a parlare con me e mi faceva compagnia mentre la mia famiglia al completo festeggiava Pasqua, comunione, battesimo e, in teoria, il mio nono compleanno.

Despite everything, life was good.

*Spenta, amici degli animali, non vi allarmate. A casa mia la stufa era solo un accessorio d’arredo.